sabato 5 luglio 2008

Immagini dal cuore antico del Mediterraneo

Nei materiali scavati negli archivi privati e pubblici da Bernardino Andreoli (i filmati e le fotografie d’epoca sapientemente raccolti e reinterpretati con straordinarie luminosità del bianco e nero o con le cromie del primo colore sotto lo scorrere della canzone “En Méditerannée” di G. Moustaki cantata da Massimo Ferrante) si avverte l’operosa presenza dell’uomo e della donna. Il lavoro, le fatiche, persino gli stati d’animo, ma anche la calma di chi conosce ogni angolo di quei paesaggi rurali e marini.
Andreoli è un attento ricercatore e la sua opera investigativa la comincia scavando dentro di sé, nelle sue ansie di artista che vuole svelare i misteri e i linguaggi inespressi dei ruderi del castello e della chiesa romanica, che sarebbe stata poi abbattuta da un prete senza troppa sensibilità culturale. Come pure scava in quei volti segnati dal sole o nei paesaggi immacolati, com’era la valle dell’Esaro non ancora violata dall’edilizia, o nella terra aspra e cruda, ma assolutamente vergine del Sud in un alternarsi di filmati e di fotografie, per lo più dell’immediato dopoguerra, che narrano un passato difficile. Un passato, chiuso per molti versi, seppure con segni di evidenti speranze di apertura al nuovo che avanza, che ritroviamo nelle immagini di quegli uomini e di quelle donne che travalicano i monti e trovano il mare finalmente amico. Non più “distesa tutto acqua”, minacciosa e popolata da creature mostruose, ma finalmente distesa di acque azzurrine coi tramonti rossi di vacanze ancora per pochi e, tuttavia, sempre più meta di divertimenti per tutti.
Le ginestre e gli ulivi inginocchiati davanti alle spiagge, le barche colorate di innocenza e i rari ombrelloni sono l’ultimo respiro del mediterraneo calabrese. Il paesaggio marino sarebbe stato poi violentemente compromesso e , in qualche tratto, addirittura cancellato. Immagini insomma dal cuore antico del Mediterraneo. E dallo stesso cuore palpitano i mestieri tradizionali, il fabbro ferraio che incessantemente batte il ferro rovente tra l’incudine e il martello, il muratore con la carriola di sbieco dietro l’inquadratura, le donne con in testa le fascine che richiamano, senza vederle, altre donne solite a fare il bucato al fiume stendendone al sole le povere stoffe e gli umili corredi sui cespugli di lentisco. E gli uomini che prima di infilarsi nell’osteria - nella cantina per dirla più precisamente alla moda del tempo - a bere un bicchiere di vino tra nuvole di fumo e più d’ una parola scurrile, se ne stanno in piazza come in rassegna nei pressi della Locanda Roma, in attesa di un qualche improbabile viaggiatore.
Sono immagini di uomini miseri e anche talvolta di uomini di borghesia rurale e impiegatizia più fortunati, ma non troppo. Solo più tardi il Mezzogiorno avrebbe esplorato vie migliori.
Sono anche uomini e donne che non trascurano la festa. E che al sabato, nelle feste da ballo che si svolgono per lo più in famiglia tra parenti stretti e amici intimi, riscoprono la tarantella, accompagnata da qualche fisarmonica e qualche chitarra, nelle movenze antiche dei padri senza più l’angoscia della guerra e, tuttavia, senza troppa libertà di movimento.
Fulvio Callisto

Il video verrà proiettato tutte le sere prima dell'inizio degli spettacoli.

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